Racconti: La lepre al melo “selvatico”

Quante volte ci siamo sentiti dire, “ma che fai, rincoglionisci da vecchio?” Può capitare! Diciamocelo molto onestamente. A me è capitato, i primi giorni di novembre, seguendo i miei cani per la variegata campagna della bassa toscana, dove il coltivato si alterna a boschi che possono misurarsi con le foreste più note d’Italia e d’Europa, o dove il piccolo bosco è meta ideale per la beccaccia e facile rimessa di selvaggina, dove il piano diventa improvvisamente collina, dove calanchi e dirupi si alternano con facilità ad estese vigne che producono, qui, quel grande rosso toscano, che chiamano “Chianti, Nobile, Brunello ecc.” ricercato ed apprezzato in tutto il mondo, oliveti posti nella dorsale delle colline pre-appenniniche, che ci danno quell’olio extravergine, di color verde intenso. Appunto “battendo” con l’amico e compagno di caccia, Giovanni, questo tipo di territorio avevamo incontrato un paio di scoccodanti fagiani, di quelli che, fermati dal cane, non intendono dargliela vinta e partono in colonna più rapidi di un razzo, gabbando, la rabbiosa schioppettata che gli mandiamo dietro. Possiamo immaginare, quando, lungo una siepe di rovi alta non più di quaranta centimetri, vidi la mia, ancor giovane setter Dea, in una ferma di quelle che non lasciano dubbi. Ce n’é un altro! Dissi fra me e me.

L’articolo prosegue a pagina 40 del numero 31 di Lepre, Cani e Caccia attualmente in edicola.